3 Marzo 2018

Disturbi dell’alimentazione: anoressia, bulimia, obesità

Disturbi dell’alimentazione: quali sono? In questa pagina tratterò le tematiche riguardanti l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, il bing eating (BED) e l’obesità psicogena (obesity).

Anoressia Nervosa

Parliamo di anoressia nervosa quando si evidenziano alterazioni significative nel comportamento alimentare conseguenti a una percezione distorta del proprio corpo e al terrore di poter assumere peso. E’ una patologia severa che minaccia l’integrità fisica dell’interessato; il deperimento e la non accettazione anche del peso minimo necessario per una corretta funzionalità corporea portano spesso a una compromissione organica.

Nonostante non venga più indicata come criterio diagnostico convenzionale [DSM 5], l’amenorrea è facilmente riscontrabile nelle pazienti affette da tale patologia. La mancanza del ciclo mestruale (se superato il menarca) per essere indicativa deve perdurare per alcuni mesi.

In molti casi, sono proprio i sintomi fisici “inequivocabili” che portano il paziente a essere indirizzato verso una consulenza psicologica poiché sia il comportamento alimentare sia la percezione del malessere (falsato dal controllo sul peso) non vengono percepiti come problema.

La difficoltà nell’alleanza terapeutica è quindi il primo problema da affrontare. E’ fortemente indicato un trattamento multidisciplinare che preservi le funzioni fisiche [internista, dietologo, ginecologo] e quelle psicologiche [psicoterapeuta, psichiatra].

La patologia può contenere condotte restrittive alimentari o abbuffate e conseguenti condotte di eliminazione (vomito indotto, purganti, esercizio fisico estremo). L’anoressico ha fame, ma resiste al bisogno con tutta la tenacia che ha in corpo, per questo motivo chiedere a un figlio con DCA  di impegnarsi e provare a mangiare provoca spesso un effetto contrario alle buone aspettative del genitore.

Secondo alcune teorie il paziente anoressico è colui che porta il sintomo di una malattia famigliare taciuta, inespressa, asintomatica. La condivisione del pasto diviene spesso luogo di tensione e di incompresione, un’area in cui ogni individuo sente prorio il peso della malattia. Si può dire che attraverso la frustrazione e l’impotenza percepita le persone che affiancano l’anoressico riescano a sentire la malattia come propria.

Bulimia nervosa

Parliamo di Bulimia nervosa quando si evidenziano alterazioni significative nel comportamento alimentare conseguenti a una percezione distorta del proprio corpo e al terrore di poter assumere peso. A differenza dell’anoressia, chi è affetto da questa patologia non risulta essere significativamente sottopeso. L’abbuffata, che sopravviene in più occasioni durante la settimana, è accompagnata dalla sensazione di perdita di controllo.

Non riesco a smettere di buttarmi in bocca cibo, di qualsiasi genere, come se non avesse fine la voragine che sento dentro” (cit.) .

Il bulimico applica condotte compensative spesso incongrue per cercare di ovviare al cortocircuito alimentare chiamato abbuffata (esercizio fisico). Il pensiero del cibo, il senso di colpa nell’averlo mangiato e l’attività compensatoria occupano gran parte delle giornate di chi ne soffre. Il livello di autostima è fortemente correlato alla perdita di peso.

Bing Eating (BED)

Il disturbo da alimentazione incontrollata si differenzia dal Disturbo Bulimico dalla non necessità di adottare misure compensative in seguito all’abbuffata. Il cibo diviene una sorta di tappo che il soggetto pone tra sé e le sue emozioni.

L’agito alimentare avviene spesso in modalità incontrollata, la persona divora una quantità di cibo ingente, in alcuni casi pur non avendo realmente fame. La sazietà non sopraggiunge prima che “l’intero pacchetto di biscotti” finisca o lo stomaco dolga per la pienezza. Il comportamento alimentare viene vissuto dal soggetto come disgustoso, improprio; la percezione della vergogna induce coloro che ne soffrono ad alimentarsi lontano dagli altri.

Le diete vengono iniziate e interrotte continuamente così come gli sforzi per rimettersi in sesto lasciano velocemente il passo a nuovi episodi di abbuffata. Spesso il peso corporeo aumenta considerevolmente provocando maggiore disagio. E’ un fenomeno relativamente recente e non ancora studiato a fondo. Il disturbo rientra in quelle categorie considerabili come “sporche” poiché unisce aspetti depressivi a comportamenti alimentari disordinati, ansia, sensazione di vuoto, ossessioni e compulsioni in un unico stato di malessere.

Obesità Psicogena (obesity)

È una condizione di forte sovrappeso non dovuto a cause di natura endocrina o genetica. Il cibo, introdotto come compensazione a uno stato emotivo affettivo lacunoso, viene assunto in grandi quantità e con modalità irregolari:

  • Grazing (pascolare): l’attività dell’individuo è appannaggio del continuo bisogno di ingerire cibo
  • Picking (spiluccare continuamente): continuo piluccare, mangiare piccole dosi sempre
  • Snacking (spuntini iperenergetici): il cibo per elezione è ad alto contenuto calorico (merendine, salse, insaccati, zuccheri)

Il conseguente aumento di peso può rispondere a diverse funzioni:

  • Corazza: una barriera fisica tra il proprio sé e l’altro, ritenuto minaccioso
  • Colmare il vuoto: l’intollerabile percezione di essere privo di valori interni è compensata da un riempimento forzato di cibo “gratificante”
  • Punitivo: l’alimentazione incontrollata funge da autoaggressione, distruggere e divorare il cibo è ciò che il paziente farebbe a sé, mangia fino a esplodere o a rendersi incapace di muoversi impedendosi la possibilità di aggredire gli altri. E’ inoltre possibile che l’ingrassare a dismisura sia una punizione per gli altri che non sono stati in grado di riconosce il soggetto nella sua unicità (passivo aggressivo)

Generalmente chi soffre di obesità psicogena ha una scarsa capacità riflessiva che impedisce parzialmente o totalmente il riconoscimento, l’elaborazione e l’espressione delle emozioni. Per lenire questa intollerabilità viene assunto il cibo come “cura”, riconoscimento e appagamento facilmente reperibile e autoindotto. Le conseguenze di questa patologia hanno evidenti ripercussioni nella vita sociale e relazionale del paziente e lo pongono davanti a severe compromissioni organiche.

La comorbidità (es. depressione & obesità) con altre psicopatologie è frequente. Lo scopo della psicoterapia è quello di permettere un contenimento emotivo dall’ansia e dalla sofferenza interna, un’esperienza emotivo correttiva che si ponga come alternativa al circolo vizioso “noia-eccitazione”.

Disturbi dell’alimentazione: come curarli con la psicoterapia?

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